Un articolo sulla rivista Lavialibera racconta di come il consumo di crack in strada, quindi quello maggiormente visibile, rappresenta solo una parte di questo fenomeno. Un fenomeno che sembra coinvolgere solamente persone giudicate problematiche, devianti o alla costante ricerca di una scappatoia dalla realtà, ma che di fatto è molto più complesso. Il consumo non riguarderebbe solo queste persone, ma coinvolgerebbe anche quelle che non hanno particolari profili problematici e che la usano negli spazi privati.
Nonostante il consumo di cocaina e crack sia in aumento da tempo, diffondendosi sempre di più in ambienti e contesti differenti, le informazioni sono relativamente poche.
Secondo l’articolo “Oggi la sostanza è diffusa all’interno di una popolazione sempre più trasversale per età, classe sociale, stile di vita, subcultura di appartenenza, etnia, genere. Usano crack persone legate al mondo della strada, ma anche chi frequenta bar e luoghi del divertimento notturno – dai club ai rave. Non esistono connotazioni marmoree, solo un insieme fluido di stili di vita all’interno dei quali l’uso della molecola può avere un ruolo più o meno centrale. “
Ma quali sono le caratteristiche che rendono il crack tanto consumato? Ci sarebbero più più motivi: non prevede l’uso di aghi, senti inizialmente di appartenere ad un gruppo che può smettere quando vuole, si usa in qualsiasi momento e luogo.
Quali sono le traiettorie di consumo? “Il crack solo raramente è la prima sostanza psicoattiva che le persone usano nella loro vita. Non esiste una traiettoria predefinita che porta al suo utilizzo o una molecola che come un ponte conduca al crack. Chi lo usa può provenire dal mondo delle party drugs, come mdma, amfetamina (speed), ketamina, ovvero le sostanze più diffuse nei luoghi del divertimento notturno. Alcune persone passano dalla cocaina in polvere a quella fumabile, altre prima del crack usano solamente alcol e/o cannabis. Esiste pure una frattura tra chi “pippa” coca – anche spesso – e chi compie il balzo verso la coca basata (crack): i primi stigmatizzano i secondi. Nelle comunità di stranieri possono esserci persone che scoprono la sostanza una volta arrivate in Italia, ma che nei paesi di origine o durante i tragitti hanno già sperimentato l’uso di molecole quali benzodiazepine (Rivotril su tutte) o tramadolo.”
Il crack è una sostanza che si usa in prevalenza insieme ad altre, ad esempio con l’alcol, che aumenta la durata dell’esperienza e smorza gli effetti ansiogeni. Altre sostanze con cui si utilizza possono essere ketamina, benzodiazepine o oppiacei, che soprattutto nel mondo del divertimento notturno, servono ad attutire la “discesa”.
Riguardo alle modalità di consumo. “Esiste una varietà di modelli di utilizzo non riconducibili alla sola dipendenza. Si può usare crack durante il weekend, così come nel giorno di paga, all’interno di una quotidianità lavorativa e relazionale. è una danza certamente pericolosa, ma l’ingresso nel mondo dell’uso continuativo è tutt’altro che automatico. Una persona che usa crack può considerare e interpretare la propria frequenza d’utilizzo in modo molto individuale: il concetto stesso di “uso problematico” andrebbe declinato sul singolo caso. Il rischio che la sostanza assuma un ruolo primario nella vita delle persone è comunque alto: può avvenire che si concentri in alcuni periodi della vita o che si trasformi in un utilizzo totalizzante che aumenta man mano la sua portata”.
Risulta quindi importante fare emergere prima possibile le situazioni più problematiche, che si avviano verso una dipendenza, sia intercettare quelle più occasionali, che rappresentano comunque un altro rischio di andare fuori controllo. Per fare questo vanno eliminati i fattori che tengono lontano i consumatori dai servizi. Primo tra tutti lo stigma che circonda i consumatori, che rappresenta spesso la ragione principale per non chiedere informazioni.
” Solo politiche sociali aggiornate e pragmatiche, in un’ottica di analisi continua dei contesti e degli andamenti, possono trovare soluzioni che vadano incontro alle necessità delle persone, informando senza terrorizzare o demonizzare anche giovani e giovanissimi, e fornendo un vero sostegno a chi ne ha bisogno.”