Il 19 aprile si è tenuta a Roma la conferenza Stampa di presentazione della Campagna “Stop Opg. Per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici giudiziari”, iniziativa promossa da un coordinamento di 24 associazioni con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e stimolare la politica ad avviare un percorso normativo con cui chiudere gli Opg.
Secondo una recente inchiesta di Superabile.it, sito dell’Inail (vedi) in tre anni – dal 2007 al 2010 – il numero degli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari è aumentato di 188 unità, malgrado un anno e mezzo fa sia stato assunto l’impegno da parte delle Regioni di dimettere circa 300 soggetti ritenuti non più “socialmente pericolosi”.
Lo scorso marzo una Commissione d’Inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato, presieduta da Ignazio Marino, aveva mostrato con un documentario (mandato in onda a Presa Diretta www.presadiretta.it) le condizioni di vita disumane ed il degrado delle sei strutture italiane – Montelupo Fiorentino (Fi), Castiglione delle Stiviere (Mn), Reggio Emilia, Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto (Me) -.
Nel corso della conferenza stampa è stato sottolineato che prima di arrivare a un percorso normativo con cui chiudere definitivamente gli Opg e superare la pagina degli internamenti, molto si può fare per migliorare le condizioni attuali e risolvere la situazione del 350 dimissibili internati ingiustamente. Chiaro il riferimento al recente suidicio di uno degli internati dimissibili all’Opg di Aversa.
Gisella Trincas, presidente di Unasam – Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale – ha puntato il dito sugli aspetti giuridici e penali che consentono la sopravvivenza delle struttura dicendo che “ancora oggi troppe persone sono inviate negli Opg per motivi per cui è difficile finire anche in carcere – ha osservato Trincas – ma il problema non riguarda solo i reati minori, gli Opg sono inadeguati anche per chi ha commesso reati gravi, perché quella condizione non può restituire la salute mentale a nessuno”. Trincas ha parlato di una legge di iniziativa popolare con cui arrivare a chiudere gli Opg e superare i meccanismi giuridici che portano all’internamento, mentre di un’iniziativa per dare un volto e un nome ai responsabili della mancata presa in carico delle persone internate negli Opg ha parlato Mariagrazia Giannichedda, della Fondazione Franco e Franca Basaglia: “Sappiamo che c’è il problema della privacy nel fare i nomi, ma si risolve usando delle sigle – ha osservato Giannichedda – L’importante è fare in modo che sia chiaro chi è che non ha fatto il suo dovere, dai direttori dei dipartimenti di salute mentale, ai direttori delle Asl agli assessori regionali, tutti responsabili di una condizione di ingiustizia estrema, perché queste 350 persone stanno in un posto che li distrugge con la scusa della salute mentale e per di più in quel posto non dovrebbero starci, ma ci si trovano per la mancata presa di responsabilità da parte delle istituzioni”, incarnate da persone precise.
“La prima cosa da fare è fare pressione su Asl e regioni, perché queste persone hanno diritto di essere curate – ha sottolineato Francesca Moccia del Tribunale del malato di Cittadinanzattiva – Poi bisogna lavorare per cambiare l’ordinamento e fare in modo che, una volta svuotate, queste strutture non tornino a riempirsi di nuovo”. Ma attenzione, avverte Cesare Bondioli di Psichiatria democratica, “non chiediamo un’imbiancata alle pareti o qualche miglioria qua e là, chiediamo interventi concreti per risolvere la situazione. In particolare con la piattaforma elaborata si apre un fronte con la magistratura di sorveglianza, perché non è possibile che di fatto si colpisce, internandolo, il cittadino che necessita cure piuttosto che le istituzioni che non se ne prendono cura”.
Per approfondimenti – il sito della campagna: www.stopopg.it
A cura di Giulia Casamonti