DISUGUAGLIANZE CHE SEGNANO I DESTINI

Un ragionamento sul futuro del lavoro sociale non può non collocarsi dentro le gravi disuguaglianze presenti oggi nel nostro Paese. Sembra paradossale che nel momento in cui le disuguaglianze si stanno inasprendo, gli investimenti per contrastarle si stanno riducendo. Servono oggi politiche sociali in grado di compensare le ridotte chance di vita e di libertà di chi non è stato fortunato nel luogo di nascita.

E questo non solo per solidarietà, ma perché vi è un mutuo interesse all’esistenza di una società giusta. Una società diseguale spreca infatti la sua risorsa più preziosa: il suo capitale umano, i suoi cittadini. Chiara Saraceno, in un articolo pubblicato sulla rivista Animazione Sociali, analizza i punti deboli del nostro sistema e individua alcune priorità utili a modificare la situazione attuale.

 Un caso emblematico: i figli di genitori immigrati.

La povertà dei bambini è un caso emblematico di “disuguaglianza ingiusta”, fondata com’è esclusivamente sull’origine di nascita, ma anche del corto circuito delle capacità. Di recente un documento di Eurostat, basandosi sui dati dell’indagine PISA (che analizza le competenze cognitive dei bambini), ha segnalato come in Italia esistano forti divari nelle competenze cognitive tra i ragazzi a seconda delle classi sociali e della residenza geografica. In particolare, il documento ha messo in luce come i figli di genitori a bassa istruzione in situazione di povertà abbiano minori competenze rispetto a figli di famiglie in condizioni economiche migliori. Tale fenomeno si presenta in modo accentuato per i figli di immigrati; il 50% dei quali si trova in condizione di povertà. Questo non vuol dire che essi siano meno intelligenti , piuttosto, la loro debolezza cognitiva è conseguenza delle maggiori difficoltà che incontrano nel percorso di inserimento.

Le competenze cognitive non sono infatti un dato genetico; al contrario, si potrebbe dire che i figli degli immigrati siano da questo punto di vista degli “atleti” perché devono fare molta più fatica per conseguire le stesse prestazioni dei loro compagni italiani. Devono infatti superare barriere linguistiche, di adattamento e per lo più a casa non hanno genitori in grado di poterli aiutare nei compiti.

Per queste ragioni i figli di immigrati, così come i bambini e i ragazzi che vivono nelle zone e nei quartieri più deprivati, dovrebbero avere maggiori risorse di apprendimento, scuole e insegnanti più attrezzati. Questi bambini avrebbero bisogno di risorse in più per poter manifestare ciò che sono, per poter sviluppare le proprie capacità intellettive.

 Questo tipo di disuguaglianza ha radici storiche nel nostro Paese, ne portiamo, insieme a tanti governi, la responsabilità. La responsabilità più “lunga” è quella di non aver saputo adeguare il sistema di welfare quando ciò sarebbe stato possibile per la presenza di risorse. La responsabilità più “breve” è quella di aver accentuato le caratteristiche perverse di un welfare inadeguato, anziché provare a riformarlo.

Occorre un investimento sociale che garantisca insieme protezione e sviluppo umano, in quest’ottica due questioni assumono oggi priorità:
– contrastare la povertà e più in generale le disuguaglianze tra i bambini
        
risolvere il problema dei due milioni di neet (not in education, employment or training), giovani che tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non lavorano né sono in cerca di un’occupazione.

Disuguaglianze che segnano i destini
Se cresce il welfare cresce la libertà di un Paese

Chiara Saraceno
ANIMAZIONE SOCIALE n. 259 – Gennaio 2012
Pag. 48

La rivista è disponibile c/o il Cesda

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