ALCOLDIPENDENZA: UNO STUDIO ITALIANO ANALIZZA IL FENOMENO SU FACEBOOK

Cambiano le modalità con cui i giovani assumono alcol. E per cercare di capirne di più Claudio Zulli ha promosso un sondaggio sul popolare social network. I risultati sono stati presentati al congresso EASL, che si è tenuto a Barcellona nel mese di aprile.
Quanto è diffuso tra i giovani, il problema “alcol”?
Il consumo di alcol tra gli adolescenti e i giovani adulti è un argomento di interesse pubblico per la sua ampia valenza scientifica e sociale. Negli ultimi decenni, in tanti si sono interessati al problema e ciò ci consente di avere una visione a 360 gradi del fenomeno. In Italia, contrariamente a quanto avviene nei paesi nord europei, il bere è sempre stato intimamente legato all’alimentazione e ad altri aspetti della vita sociale e relazionale come la famiglia, le festività locali e via dire. Negli ultimi anni, invece, stiamo assistendo a una vera e propria “rivoluzione” nei consumi alcolici: se da un lato, infatti, gli adulti hanno intrapreso la saggia strada del consumo moderato, dall’altro, nella popolazione giovanile, si sta registrando un significativo incremento dei fenomeni di abuso alcolico, che purtroppo sempre più spesso, rappresentano una consuetudine comportamentale. Tali cambiamenti sembrano essere riconducibili a diversi fattori tra cui: la perdita del rapporto alimentare col consumo di alcol; la progressiva scomparsa dei modelli sociali e relazionali che, sino a qualche anno fa, erano profondamente radicati nella società italiana; un controllo oramai troppo spesso inefficace della famiglia sui figli; la continua ricerca di omologazione dei giovani italiani ai modelli di comportamento nord europei. Il primo bicchiere in Italia viene consumato intorno a 11-12 anni, la media più bassa d’Europa (dove avviene tra i 14 ed i 15 anni). Nel 2000 dati dell’ISTAT hanno dimostrato come circa 800.000 giovani italiani consumano alcol e di questi circa la metà lo fa in modo rischioso per la salute. Quasi un giovane su 4 dichiara di ubriacarsi regolarmente e circa 1 su 10 dichiara di ubriacarsi almeno 3 volte a settimana. Gli astemi tra i giovani sono in costante diminuzione.

Quali sono le implicazioni per la salute per gli adolescenti che abusano di alcolici?
Il consumo alcolico è associato con un gran numero di patologie croniche e numerosi altri comportamenti a rischio. La modalità di consumo di bevande alcoliche maggiormente praticata dai giovani è il “binge drinking”, ovvero la cosiddetta “abbuffata alcolica”. Questa consiste nel bere quattro o più unità alcoliche per la donna, cinque o più unità alcoliche per l’uomo, in un lasso di tempo breve, come un’ uscita serale. Un’unità alcolica, detta anche drink, corrisponde a un bicchierino (oggi dai giovani chiamato “shot” o, italianizzandolo, “shottino”, “colpo”, “colpetto”) di liquori forti come la vodka, il rum, il whisky, il gin, la tequila etc., corrisponde ad una birra da 33 cc (anche se la birra chiara ha un contenuto alcolico minore rispetto alla rossa o alla scura) oppure ad un bicchiere di vino, bianco o rosso che sia.
Questa tipologia di consumo può provocare numerosissimi danni alla persona in quanto paragonabile a tutte le altre modalità di abuso alcolico. L’abuso di alcol può causare danni agendo in modo diretto e indiretto. Direttamente può causare danni irreversibili al fegato (che possono andare dal fegato grasso alla cirrosi epatica sino al tumore del fegato), tumori dell’esofago, del pancreas, dello stomaco, dell’intestino, può danneggiare cuore, arterie e sistema nervoso centrale e periferico (con comparsa di psicosi, deliri, epilessia), impotenza sessuale e obesità (l’alcol infatti viene trasformato quasi esclusivamente in grassi quando introdotto in eccesso). Indirettamente invece può essere causa di morte o di invalidità permanente in seguito a traumi occorsi per incidenti stradali o domestici. Si stima infatti che in Europa un giovane su quattro di età compresa tra i 15 ed i 29 anni muore a causa dell’alcol. E questo dato dovrebbe invogliare molto i giovani a riflettere su cosa rischiano ogni qual volta si avvicinano a quel bicchiere ormai amico inseparabile delle uscite serali o notturne.

Perché avete scelto proprio Facebook per condurre la vostra indagine?Facebook è il social network di maggior impatto sociale al momento. Si stima che circa 600 milioni di persone al mondo lo usino ogni giorno e il nostro paese occupa il nono posto per numero di iscritti. Un italiano su quattro usa Facebook e, di questi, la metà sono giovani tra i 17 e i 32 anni. Inoltre, così come gli altri social network presenti su internet, permette di raggiungere facilmente le persone, evitando uno dei maggiori problemi della comunità scientifica che si occupa di queste problematiche: il coinvolgimento dei giovani nella ricerca. Per di più Facebook rappresenta una piattaforma sulla quale si realizza una delle necessità primitive dell’uomo, ossia la comunicazione, e dove i giovani si sentono liberi di esprimere le proprie emozioni e di condividere le esperienze personali senza il controllo parentale e senza le inibizioni psicologiche derivanti dal rapporto interumano faccia a faccia. Facebook ci ha inoltre permesso di acquisire informazioni “delicate” perché riguardanti un tema sociale ricco di pregiudizi nel totale anonimato, permettendo quindi al giovane intervistato di non soccombere a quella inibizione psicologica derivante dall’intervista faccia a faccia.

Quali risultati avete ottenuto?
Il risultato più grande è stato quello di ottenere, in poco meno di tre mesi, 1846 adesioni spontanee all’evento creato sul social network all’interno del quale era stato pubblicato il questionario. L’evento non aveva alcuna pubblicità poiché basato sull’auto-sostentamento proveniente dalla catena di inviti creata tra gli utenti Facebook invitati a parteciparvi. La pagina è stata gestita da giovani medici, di età inferiore ai 30 anni, e ciò ha avuto dei grandi vantaggi: per la prima volta gli intervistatori erano essi stessi giovani protagonisti dell’intervista proposta; c’è stata un’ interazione diretta e amichevole con gli intervistati sulla bacheca dell’evento che veniva continuamente aggiornata; per la prima volta probabilmente si è ottenuto un approccio semplice, ma concreto, al mondo dei giovani, essendo gli intervistatori stessi dei giovani attivi nella vita di relazione e immersi nelle abitudini, nello stile di vita e nella psicologia dei coetanei.
Dai risultati dell’intervista è emersa un’immagine della comunità giovanile italiana preoccupante: la maggior parte dei giovani (più dell’80%) di età compresa tra i 16 ed i 32 anni consuma alcol. Non esiste nel mondo giovanile, a differenza degli adulti dove il consumo è prevalentemente maschile, alcuna differenza significativa di consumo tra uomo e donna. Oggi si beve principalmente nelle uscite serali (o meglio notturne) del weekend (inteso come venerdì e sabato notte); si fa un consumo di alcol “smoderato” bevendo 4-5 o più unità alcoliche in una singola uscita; si preferisce bere birra o cocktail a base di liquori forti.
Emerge quindi che purtroppo, ancora una volta, la vecchia immagine dell’Italia dove l’adulto a tavola accompagna i pasti con un “sano” bicchiere di vino deve essere obbligatoriamente rivista e messa in discussione.
Secondo lei i social network possono svolgere un ruolo importante nella prevenzione sanitaria?
I social network potranno rappresentare il futuro non solo della prevenzione sanitaria, ma anche dell’educazione alla salute. Un grandissimo vantaggio in questo senso è dato, infatti, dal fatto che potrebbero essere effettuate grandi campagne di educazione di massa sulle problematiche sociali selezionando direttamente da un enorme database la popolazione alla quale proporre tale iniziativa, raggiungendo quindi grandi numeri nel minor tempo possibile. L’impegno da parte del personale sanitario dedicato a questa attività è minimo, quasi irrilevante, e richiede una conoscenza del mondo dei Social Network che oramai è alla portata di tutti. Maggiormente indicati a effettuare questa campagne potrebbero essere i giovani ricercatori, figli dell’era digitale, per i quali l’attività “lavorativa” sui social network potrebbe rappresentare addirittura un diletto. Oltre a tutti i vantaggi sinora citati, va aggiunto che l’utilizzo di Facebook a tali scopi rappresenterebbe una metodica a basso prezzo che eviterebbe quindi gli enormi costi della prevenzione e dell’educazione in campo sanitario. Nonostante i numerosi vantaggi e le grosse potenzialità, la comunità scientifica, in particolare quella medica, è ancora molto reticente sul loro utilizzo in questo campo.

Dopo le analisi, si arriva alle proposte. Quali sono le vostre per quanto riguarda questo tema?
Lo scopo futuro del nostro gruppo di ricerca (diretto dalla Prof.ssa Carmelina Loguercio, Direttore della U.O. di Epato-gastroenterologia della Seconda Università degli Studi di Napoli) è quello di indagare le abitudini alcoliche dei giovani italiani non più attraverso un questionario proposto online, ma attraverso un’indagine capillare dei profili pubblici di Facebook, Twitter, My Space etc. per la ricerca e l’analisi comunicativa di riferimenti a consumi alcolici palesati sul proprio profilo. Ulteriore prossimo obiettivo è quello di proporre programmi educativi personalizzati attraverso la creazione di gruppi sui social networks, da creare in sostituzione degli obsoleti blogs o micro-blogs già ampiamente utilizzati a finalità educative e di ricerca con risultati poco soddisfacenti nel mondo scientifico. In questo modo si potrebbe quindi creare un ponte saldo tra la comunità scientifica e “l’inesplorabile” mondo dei giovani attraverso contatto mediatico semplice, celere, economico. Ci auguriamo quindi che i Social Network, l’universo virtuale dei ragazzi, diventino in un futuro prossimo la metodica capofila nello studio di problematiche sociali molto delicate come il consumo di alcol e le problematiche da esso derivanti.

Fonte: CUFRAD

Questa voce è stata pubblicata in ALCOL. Contrassegna il permalink.