Porre fine alle disuguaglianze per sconfiggere l’AIDS entro il 2030

Porre fine alle disuguaglianze e rimettersi rapidamente in carreggiata per raggiungere l’obiettivo della sconfitta dell’AIDS entro il 2030: è questa, in sintesi, la parola d’ordine che giunge dal Meeting ONU ad alto livello sull’AIDS, High Level Meeting, svoltosi a New York dall’8 a a 10 giugno 2021. 193 gli Stati membri rappresentati con 14 Presidenti tra i relatori oltre a cinque vicepresidenti e a quattro primi ministri.
Nella sua introduzione all’High Level Meeting (HLM) il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres ha spiegato con chiarezza: “I percorsi concordati sei anni fa per debellare l’AIDS entro il 2030, obiettivo integrante dell’Agenda per uno Sviluppo Sostenibile (DSGs), hanno perso slancio mancando gli obiettivi concordati per il 2020. Il netto contrasto tra i grandi successi riportati in alcune aree del mondo e i fallimenti registrati in molte altre aree conferma che l’HIV rimane una pandemia di disuguaglianze. Questo incontro -ha proseguito Guterres- ci offre la possibilità di rilanciare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile proprio a partire da urgenti azioni contro le disuguaglianze, da maggiori investimenti internazionali per la salute, per le iniziative umanitarie e nei sistemi di controllo delle pandemie”.

Tante le urgenze affrontate negli interventi dall’aumento della copertura del trattamento per i bambini, all’implementazione delle riduzione del danno, all’informazione di giovani e adolescenti. Cinque sono stati invece i panel di lavoro dedicati ai seguenti temi:

– Affrontare le disuguaglianze per porre fine all’AIDS: dieci anni al 2030.
– Mettere le persone e le comunità al centro della risposta all’AIDS.
– Risorse e finanziamenti per una risposta efficace all’AIDS.
– Promuovere l’uguaglianza di genere e responsabilizzare le donne e le ragazze nella risposta all’AIDS.
– Affrontare l’impatto della pandemia di COVID-19 sulla risposta all’AIDS e migliorare la preparazione alla pandemia.

La dichiarazione politica finale del HLM prescrive per questo nuovi e ambiziosi obiettivi globali per il 2025 e si basa sulla strategia UNAIDS “End inequalities. End Aids – porre fine alle disuguaglianze, sconfiggere l’AIDS”, un documento che assume come principi guida, il rispetto dei diritti umani, la fine delle disuguaglianze, la lotta allo stigma, alla violenza di genere ma anche alle discriminazioni prodotte da legislazioni nazionali criminalizzanti e punitive. Fondamentale il ruolo guida assegnato dalla strategia ONU/UNAIDS a ONG e community. “Le forti disuguaglianze messe in luce da HIV e COVID-19 sono un campanello d’allarme per il mondo affinché dia priorità e investa pienamente nella realizzazione del diritto umano alla salute per tutti senza discriminazioni”, ha affermato la Direttrice esecutiva UNAIDS Winnie Byanyima.

La società civile che ha preso parte alle fasi preparatorie del HLM ha prodotto a tale scopo una dichiarazione in cui si rivendicano ruolo e necessità delle community, adeguati riconoscimenti e risorse, azioni politiche guidate dal pieno rispetto e soddisfacimento dei diritti umani.

Tra i target concordati per il 2025 figurano quello che prevede che il 90% delle persone a rischio di HIV possa avere accesso a servizi di prevenzione combinata e quello che prescrive che l’80% dei servizi di prevenzione per le popolazioni chiave sia fornito dalle community.
La dichiarazione invita, inoltre, i governi a garantire che, entro il 2025, il 95% delle persone con HIV sia reso consapevole del proprio stato, che il 95% delle PLWHIV abbia accesso ai trattamenti antiretrovirali e che la stessa quota di persone possa raggiungere la soppressione virologica, stato clinico che impedisce la trasmissione del virus, secondo il principio U=U. I Paesi Membri si sono inoltre impegnati ad assicurare ad almeno il 95% di PLWHIV un’efficace protezione contro altre coinfezioni e/o pandemie, incluso il COVID 19. Altri target cruciali prevedono di portare il numero di nuove infezioni dal milione e 700mila registrato nel 2019 a 370mila nel 2025 e di portare i decessi collegati all’ AIDS dai 690mila del 2019 a 250mila nel 2025.

La dichiarazione rileva con preoccupazione anche come violenza, stigma, discriminazioni, siano tra le principali cause di trasmissione dell’HIV che, conseguentemente, colpisce in modo sproporzionato, soprattutto uomini gay, uomini che fanno sesso con altri uomini (MSM), sex workers, persone che si iniettano droghe, persone transgender, detenuti e detenute, migranti precludendo l’accesso ai servizi di questi gruppi di popolazione (Key population). Per questo gli Stati Membri hanno concordato il perseguimento e il raggiungimento di un altro gruppo di obiettivi:
– Portare sotto il 10%, la percentuale di paesi che adottano leggi e politiche punitive nei confronti delle persone con HIV o esposte all’HIV.
– Ridurre sotto il 10%, la percentuale di persone che subiscono discriminazioni e stigma.
– Portare sotto la soglia del 10% la percentuale di casi di violenza di genere o di disuguaglianza in base al genere.

Cruciale è anche l’impegno ad aumentare il finanziamento della risposta all’AIDS fino a 29 miliardi di dollari entro il 2025 per i paesi a basso e medio reddito. I paesi membri si sono inoltre impegnati a includere tra i servizi per la risposta all’HIV quelli forniti da ONG e community (almeno il 30%) che andranno così adeguatamente finanziati.

Se la comunità internazionale raggiungerà gli obiettivi, entro il 2030 –prevede la dichiarazione- si eviteranno 3 milioni seicentomila nuove infezioni da HIV e un milione e settecentomila decessi correlati all’AIDS.

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