SUICIDIO MEDICO ASSISTITO E GRAVI DISTURBI ALIMENTARI

Il quotidiano Guardian ospita un approfondito articolo su alcune drammatiche questioni etiche che interrogano i pazienti affetti da gravi disturbi alimentari, i loro familiari e medici. In particolare, a partire dalla dott.ssa Jennifer Gaudian, fra le maggiori esperte nord-americane nel campo dei disturbi alimentari, si riflette sull’opportunità, ovviamente solo in situazioni-limite, dei pazienti di ricorrere al suicidio medico assistito, eventualità legale in 10 stati. Gaudian è co-autrice di un articolo in cui discute della condizione in cui alcuni pazienti affetti da “anoressia nervosa terminale” si trovano, che può portarli a desiderare un aiuto medico per porre fine alla propria vita. L’articolo ha scatenato reazioni molto contrastanti sia da parte di colleghi che di pazienti, alcune di condanna o biasimo, altre di approvazione per avere posto in modo esplicito un argomento così delicato. Infatti, porre la questione del suicidio medico assistito implica affrontare aspetti di estrema difficoltà sul piano etico: la legittimità del potere medico di decidere la continuità o l’interruzione delle cure anche quando il paziente manifesta il proprio rifiuto alla vita, se e quando considerare l’anoressia nervosa terminale una condizione curabile e reversibile e quando cronica (si stima che circa una persona su cinque ricorre al suicidio), i limiti dell’autodeterminazione dei pazienti.

L’articolo racconta nel dettaglio l’esperienza professionale di Gaudian, che ha scelto di specializzarsi nel trattamento dei pazienti affetti da disturbi alimentari. Presto, si è dovuta confrontare con casi molto difficili, di pazienti che rifiutavano tutti i tipi di cura o che, a causa della lunga durata dei disturbi, si trovavano in costante pericolo di morte. Ciò l’ha portata a riflettere a lungo sulla questione del fine vita, constatando oltre tutto che in letteratura non esistevano linee guida o ricerche sul tema. Dopo diversi casi di pazienti che, fondamentalmente, si erano lasciati morire di inedia, la dottoressa ha scelto di affrontare direttamente la cosa. Nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica di riferimento per i disturbi alimentari, propone un set di criteri: età superiore ai trent’anni, avere ricevute cure di alta qualità, multidisciplinari per i disturbi alimentari, e avere espresso in modo ripetuto e chiaro che sono consapevoli che continuare la cura è futile e che moriranno dei loro disturbi alimentari.

Colleghi di Gaudian le contestano l’assunzione che è opportuno stabilire le condizioni in cui una persona affetta da gravi disturbi alimentari o da anoressia nervosa terminale possa accedere al suicidio medico assistito. Infatti, non mancano in letteratura, ma anche nell’esperienza clinica di alcuni dottori citati, casi apparentemente disperati di pazienti che riescono a curarsi e a ritrovare una buona qualità di vita.

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