ALCOL E PANDEMIA

A più di due anni di distanza dall’inizio della pandemia si possono cominciare a fare delle riflessioni sul consumo di alcol in questo periodo critico, basandosi su diversi studi  internazionali. Con la chiusura dei locali e la diminuzione delle occasioni di incontro come è cambiato il consumo di questi “beni di conforto” nei mesi di pandemia? 

Durante l’emergenza sanitaria l’uso di alcol è diventato una sostanza da limitare e contenere, addirittura proibita in alcuni paesi tra cui la Groenlandia, India e Sudafrica, con motivazioni associate al fatto che avrebbero potuto intasare i servizi già sotto pressione. La comunità scientifica non aveva precedenti studi su cui basarsi, ma già dal 2020 è emerso che i comportamenti hanno seguito traiettorie diverse a seconda delle fasi dell’epidemia: all’inizio si è assistito ad un aumento degli acquisti guidati dall’effetto paura/esaurimento scorte, ma con il passare dei mesi tutto questo si è ridimensionato e “normalizzato”. La maggior parte degli studi internazionali ha comunque mostrato alcune evidenze (pur tra le difficoltà di comparazione nei diversi paesi):
– a fronte di una certa percentuale di persone che ha aumentato il consumo, c’è una parte predominante che non ha cambiato abitudini o ha consumato di meno;
– i giovani sono la fascia di popolazione che ha diminuito maggiormente il consumo di alcol;
– tra le categorie più a rischio ci sono le persone con consumi già elevati, le donne delle fasce di età intermedie, i genitori con figli in età scolare e persone con livelli più alti di depressione, ansia e stress.
Anche riguardo le quantità e i canali di vendita degli alcolici si è assistito ad alcuni cambiamenti significativi in questi mesi. Nei primi tre mesi dell’epidemia la grande distribuzione ha aumentato la vendita di vino, birra e aperitivi alcolici del 11%, 12,8% e 14,4% rispettivamente, inoltre una tendenza a livello internazionale rilevata è stata quella riguardante il consumo di birra a bassa gradazione, che negli Stati Uniti è aumentato del 40%.
Rispetto ai canali di vendita, l’Italia prima del lockdown era all’ultimo posto degli acquisti online a livello internazionale di vino, mentre oggi questa modalità di acquisto è aumentata del 4%, quantità che se paragonata ad altri paesi resta comunque limitata, ma che registra una continua crescita. Tra le persone che hanno comprato con questa modalità durante la pandemia circa 1/4 ha deciso che continuerà a farlo; si tratta per lo più di consumatori che acquistano vino con prezzi mediamente alti e che hanno modalità di consumo limitate sia nella quantità che nella frequenza. Sicuramente una spinta significativa all’acquisto online, oltre che dalla pandemia, è stata data in parte anche dai giovani, soprattutto i millennials e la generazione Z, che hanno una maggiore attitudine all’uso del web e che in futuro rappresenterà sicuramente una modalità in crescita (oggi resta ancora minoritaria).  All’interno di questo quadro va tenuto conto che nel post pandemia alcuni effetti collegati ai comportamenti depressivi e ansiosi ricominceranno a manifestarsi in modo evidente tra alcune fasce della popolazione, in particolare tra i giovani, che avranno ricadute importanti sui consumi di alcolici. Questi consumi sono comunque un effetto anche di altre dinamiche, legate in particolare al bisogno di socializzazione e incontro, che le agenzie sociali ed educative dovrebbero cercare di  riorientato in modo positivo.

Osservatorio news n° 47
Febbraio 2022

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