FOCUS OSSERVASALUTE SUL COVID-19

Contagi medi giornalieri aumentati di una volta e mezzo in Sardegna e Campania, quasi raddoppiati nel Lazio e Sicilia. Al contrario, Lombardia e Piemonte, le 2 Regioni che nella prima fase della pandemia sono state colpite più violentemente dai contagi, nella seconda fase presentano un incremento mediamente più limitato dei nuovi contagi, rispettivamente del 14,6% e 11,5%.
L’aggiornamento al 24 settembre dei dati relativi all’emergenza Covid-19 e le riflessioni sulla nuova fase della pandemia dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane.

La pandemia da coronavirus è entrata in una fase nuova, la diminuzione del numero dei contagi giornalieri osservati fino all’inizio dell’estate si è arrestata ed è iniziata una lenta ma significativa risalita dell’incidenza del Covid-19.
Non è possibile stabilire con esattezza il riferimento temporale delle due fasi, per convenzione potremmo porre l’attenzione sul periodo che va dal 24 febbraio al 16 giugno e quella che dal 17 giugno arriva al 24 settembre, data ultima dei dati presentati.

Al 16 giugno i casi totali di persone positive erano 237.500 (pari allo 0,4% della popolazione), a fronte di 4.695.707 tamponi effettuati, corrispondenti a 2.891.846 persone (pari al 4,8% della popolazione). Il numero di decessi era pari a 34.405 (5,7 ogni 10.000 abitanti) e la letalità al 14,5% dei contagiati.
Dal 16 giugno al 24 settembre i casi totali sono aumentati a 304.323 (circa il 28% in più), i test effettuati 10.787.694, corrispondenti a 6.520.661 persone (circa il 126% in più). I decessi 35.781 (il 4% in più), la letalità scende all’11,8%.

Le 2 Regioni che nella prima fase della pandemia sono state colpite più violentemente dai contagi, nella seconda fase presentano un incremento mediamente più limitato dei nuovi contagi, si tratta di Lombardia e Piemonte, nelle quali l’aumento dei nuovi casi nel periodo considerato è, rispettivamente, del 14,6% e 11,5%. Al contrario, Sardegna, Campania, Lazio e Sicilia sono le regioni che stanno sperimentando un andamento preoccupante dei contagi giornalieri, come dimostrano gli incrementi più elevati rispetto al resto delle regioni, 154,2%, 140,7%, 90,8% e 83,8% rispettivamente.

Riflessioni e analisi dei dati
Di seguito le riflessioni degli esperti dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che suggeriscono come la fase che stiamo vivendo non sembra avere le stesse caratteristiche di quella precedente.

L’aumento dei nuovi contagi iniziato durante l’estate, che ha fatto seguito al lento ma significativo declino della prima fase, non segue lo stesso andamento, la sua dinamica appare meno sostenuta di quella vissuta nella prima fase. Tuttavia, nel confronto tra i due periodi, va tenuto conto del fatto che i contagi sono stati registrati a partire dal 24 febbraio, ma non si può escludere che non ci fossero stati casi prima di questa data, pertanto potremmo non aver potuto apprezzare l’effettiva evoluzione iniziale della prima fase.

La fase attuale è caratterizzata da contagi di persone mediamente più giovani, circostanza legata agli spostamenti per motivi turistici. Inoltre, la pronta reazione delle Istituzioni di fronte all’aumento dei contagi ha aumentato i controlli, soprattutto negli snodi dei trasporti (stazioni, porti e aeroporti in primis). Per questo motivo, in alcune Regioni, sono emersi un numero maggiore di casi, soprattutto di quelli asintomatici che in passato sfuggivano alla rilevazione. Tuttavia, l’aumento dei tamponi e delle persone sottoposte a test giustifica parte dell’incremento dei nuovi casi. La variazione del numero di persone testate è superiore a quella dei casi positivi, quindi questi ultimi crescono con un tasso inferiore a quella della prima fase. Fa eccezione la Sardegna dove le due variazioni sono molto simili, quindi il tasso di crescita dei nuovi contagi è analogo nei due periodi.

Con le dovute cautele, è possibile affermare che la diffusione del virus è più lenta che in passato. A tale proposito possiamo avanzare alcune ipotesi. I comportamenti degli italiani sono diventati più prudenti e seguono le indicazioni degli esperti, le regole sull’utilizzo delle mascherine e sul distanziamento sociale hanno avuto, in parte, l’efficacia attesa ed hanno permesso di contrastare il rischio connesso alla fine del periodo di lockdown.

Dal punto di vista del Servizio Sanitario Nazionale, il rallentamento dei contagi ha allentato la pressione sulle strutture sanitarie che sono riuscite a migliorare la gestione dei contagi, con meno ricorso all’ospedalizzazione e più all’isolamento fiduciario. Questo potrebbe aver ridotto i rischi di contagio nelle strutture ospedaliere, come è avvenuto nella prima fase.

L’esperienza che si è andata via via acquisendo, grazie anche all’impegno della comunità scientifica internazionale, alla circolazione delle informazioni sulle casistiche e sulle terapie, ha aumentato l’efficacia delle cure. Tale circostanza si accompagna anche a una minore complessità dei pazienti contagiati che sono mediamente più giovani di quelli osservati nella prima fase. Tale circostanza è confortata dalla diminuzione della letalità, passata dal 14,5% registrata fino al 16 giugno all’11,8% riscontrato al 24 settembre.

Infine, la crescita più lenta dei contagi può far supporre anche una minore aggressività del virus, ma si tratta di un’ipotesi che andrà verificata dalla comunità scientifica.

Alessandro Solipaca – Direttore Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, pone l’accento su un aspetto preoccupante avvenuto nella prima fase: “sono state molto numerose le persone positive al Covid-19 non intercettate dal sistema di sorveglianza. Ciò ha favorito la circolazione di molte persone in grado di trasmettere il virus al resto della popolazione”.

Questa riflessione si fonda sui dati dell’indagine campionaria, svolta dall’Istat in collaborazione con il Ministero della Salute e la Croce Rossa, pubblicati agli inizi di agosto, che ha stimato, attraverso test sierologici, il numero di contagiati al 27 luglio.

Le stime pubblicate riferiscono che sono circa 1 milione e mezzo, pari al 2,5% della popolazione, le persone che hanno sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2. Tale prevalenza è superiore di circa 6 volte rispetto ai casi notificati, confermando quanto si era ipotizzato, cioè che la prevalenza dei contagiati fosse sottostimata. Come anticipato, il dato che sorprende è che solo il 27,3% dei positivi era asintomatico, mentre ben il 66% dei positivi ha dichiarato di aver avuto i sintomi riconducibili al virus.

In particolare, il numero stimato di persone con anticorpi SARS-CoV-2 e sintomi era pari a 981.000, mentre alla data del 27 luglio i contagiati totali registrati erano 246.000, cioè oltre 700.000 in meno.

“L’esperienza fatta”, sottolinea Walter Ricciardi – Direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica, “suggerisce la necessità di mettere in piedi un sistema di sorveglianza sanitaria in grado di intercettare e quindi attivare precocemente gli interventi più idonei per arginare crisi sanitarie come quella che stiamo vivendo. È necessario raccogliere il maggior numero di informazioni su eventi che possono segnalare un problema sanitario emergente e metterle a sistema con tutto il patrimonio informativo già disponibile. Per far questo si dovrà procedere speditamente con la digitalizzazione delle informazioni, un processo quanto mai auspicabile non solo per il settore della sanità ma per tutto il Paese”.

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