I casi di ritiro sociale sono accomunati da una condizione prolungata di isolamento forzato. Sul sito di Fondazione Veronesi un breve approfondimento sul fenomeno degli hikikomori fa luce sulle difficoltà, i sintomi e le caratteristiche più comuni di questa condizione nei ragazzi e negli adolescenti. Secondo Maria Piontillo, autrice insieme a Stefano Vicari del volume Gli Adolescenti che non escono di casa. Non solo Hikikomori, per Il Mulino, l’isolamento forzato è un importante comune denominatore.
Isolamento forzato come scelta obbligata di sottrazione al mondo esterno e allo sguardo dei coetanei. Il secondo elemento sottolineato da Pontilli è che il ritiro sociale costituisce la manifestazione più eclatante di un disagio psicologico articolato e differenziato. Molte le manifestazioni patologiche sottostanti il ritiro sociale: depressione, ansia da separazione, autismo. In ogni caso, a suo avviso il ritiro sociale non è mai una scelta libera e consapevole. Piuttosto, è la spia di un profondo disagio su cui influiscono vari fattori di ordine biologico, sociale, familiare.
Le possibilità di cura sono varie, ma dipendono strettamente da se e quanto il singolo e il suo gruppo familiare sono disposti a farsi aiutare. Nei casi frequenti di indisponibilità a incontri con lo specialista, è possibile attivare consulenze via e-mail o Skype.
«Sono tante le storie di coloro che vivono un isolamento forzato» spiega Maria Pontillo, psicoterapeuta, dirigente Psicologo presso l’Unità di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e professoressa a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. «Cioè una scelta obbligata, sofferta e faticosa che costringe ragazzi e pure bambini a sfuggire al confronto con il mondo esterno. È un chiudersi dentro, dettato da ragioni diverse, personalissime e variegate che hanno però in comune questa difficoltà enorme nell’aprirsi a ciò che sta fuori di loro. Sono quelli che, secondo un gergo tecnico di derivazione nipponica, definiamo “hikikomori”, almeno 100.000 casi nel nostro Paese, stando ai dati dell’Associazione Hikikomori Italia e con un’età media compresa tra i 15 e i 25 anni. Sono i ragazzi con ritiro sociale, trattati come fantasmi che scompaiono agli occhi della società».