I LIMITI PONDERALI PER LA DETENZIONE DI LIEVE ENTITA’ DI SOSTANZE ILLEGALI

Un articolo dello studio legale Cataldi, ripreso da Aduc, ricostruisce i passaggi di una recente e rilevante sentenza della Cassazione, i cui giudici sono intervenuti sul ricorso di un soggetto condannato per detenzione di hashish (100 grammi, di cui 33,79 grammi di principio attivo), a cui non veniva riconosciuta la “lieve entità”. Il ricorso si basava sul fatto che la condanna era stata formulata sulla sola base dell’elemento quantitativo, del peso, della sostanza, e non erano state ricostruite le circostanze e modalità che potevano far rientrare la condotta nello “spaccio di lieve entità”.La decisione dei giudici di Cassazione ha dato ragione al ricorrente, ma la cosa più interessante è che, sulla base di 398 vicende giudiziarie, in cui è stata riconosciuta la lieve entità, sono stati calcolati i limiti massimi ponderali per ciascuna sostanza, al fine di riconoscere, oltre ad altri indicatori, la “lieve entità” della condotta.

Di seguito la ricostruzione della vicenda: “Per orientamenti consolidati (SS. UU. n.35737/2010; SS. UU. n.17/2000; più recentemente, SS. UU. n. 51063/2018), la fattispecie lieve può essere riconosciuta laddove, non solo il dato quantitativo e qualitativo, ma anche gli altri parametri indicati dal legislatore (mezzi, modalità, circostanze dell’azione) lascino ravvisare una minima offensività penale, con la conseguenza che, ove uno di essi risulti negativamente assorbente, il giudizio sugli altri diviene irrilevante.
La valutazione del fatto deve guardare alla complessità dello stesso valorizzando – in negativo o in positivo – tutti gli elementi che contraddistinguono quella determinata condotta. Tale criterio di giudizio può subire una flessione solo nel caso in cui il dato ponderale sia di per sé talmente rilevante da determinare l’assorbimento dei restanti”.
Il Giudice di seconde cure aveva rilevato la particolare incidenza del numero di dosi medie ricavabili dalla sostanza sequestrata. Tuttavia, ad avviso della Suprema Corte, il giudizio non teneva conto che il numero di dosi medie ricavabili non corrisponde necessariamente al numero di dosi in concreto commercializzate; che le “dosi da strada”, cioè quelle concretamente confezionate per lo spaccio, non coincidono affatto con quella media, anzi, molte volte la superano.

Per queste ragioni, diventa difficile orientarsi in modo univoco sull’interpretazione del dettame di cui all’art.73 comma 5 DPR 309/90.
La Sezioni Unite avevano già tentato di risolvere il problema opposto, sull’individuazione dell’ingente quantità, con la famosa sentenza Biondi del 2012, nella quale erano state esaminate le pronunce degli ultimi 2 anni per fornire un quadro sul quale basarsi per orientare la decisione in merito. La Cassazione decide di affrontare lo stesso percorso, stavolta per individuare quei dati ponderali che possano rientrare pacificamente nell’ipotesi della lieve entità, avvalendosi di un recentissimo studio condotto dall’Ufficio per il Processo presso la Sesta Sezione dal titolo: “Il fatto di lieve entità ex art.73, quinto comma, DPR 309/1990: alla ricerca di una interpretazione tassativizzante. Un’indagine empirica della giurisprudenza di legittimità nel triennio 2020-2022”.

Questa indagine ha esaminato ben 398 vicende giudiziarie, in cui è stata riconosciuta la lieve entità, sulla base delle quali è possibile dedurre (finalmente?) entro quali limiti massimi si può riconoscere la fattispecie attenuata:
150 gr. per la cocaina;
107,71 gr. per l’eroina;
246 gr per la marijuana;
386,93 gr per l’hashish.”

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