LA PENA DELLA “MORTE VIVA”

RISTRETTI1Al centro del secondo numero del 2013 del periodico curato dall’ass. Ristretti orizzonti di Padova, una delle principali realtà italiane che riflette e interviene sul carcere a partire dal punto di vista degli autori di reato e dei detenuti, è il tema della violenza. Nell’editoriale la direttrice, Ornella Favaro, pone l’interrogativo se è possibile resistere –e non esserne in balia- agli istinti violenti. Per immaginare la praticabilità di questa difficile sfida, Favaro afferma che: “Se quelli che la violenza l’hanno usata accettano di partire dalla propria responsabilità, se hanno il coraggio di dire “noi l’abbiamo esercitata, la violenza”, possono poi davvero aiutarci a capire come sarebbe stato possibile non fare quel gesto violento, e dove poteva interrompersi quella logica perversa che ha portato a usare la violenza.”

A partire da questa riflessione, che assume la funzione di filo conduttore all’intero numero, i vari contributi ospitati dalla rivista affrontano differenti aspetti della violenza agita e subita, nei suoi diversi riferimenti al mondo carcerario. Le motivazioni dell’atto violento legate al percorso di vita, alla storia personale e familiare, al contesto socio-economico sono declinate secondo il punto di vista degli autori di reato, che con poche reticenze mettono a nudo le fragilità che li ha spinti a commettere comportamenti di violenza fisica e psicologica. Emergono così con chiarezza e con profondità i processi di trauma e di “violentizzazione” che spesso si trovano all’origine del percorso di devianza e di criminalità –e che in parte possono spiegarlo. Un altro motivo di interesse in molti degli articoli ospitati è dato dallo stile diretto attraverso il quale gli autori e le autrici raccontano non solo il proprio travaglio interiore, provando a rileggere la propria storia di vita di persone violente, ma espongono le proprie riflessioni sulle possibili strategie di fuori-uscita dalla violenza per sé e per gli altri.

Da queste storie sembra dunque provenire un invito, in conclusione, a non banalizzare e a non naturalizzare la violenza e i comportamenti violenti.

Ristretti, anno 15, numero 2, marzo-aprile 2013, Padova.

Questa voce è stata pubblicata in CARCERE, POLITICHE SOCIALI E SANITARIE. Contrassegna il permalink.