LA SALUTE DEI BAMBINI – LIBRO BIANCO 2011

Un’approfondita analisi dello stato di salute della popolazione pediatrica italiana fino a 18 anni di età, e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane ricevuta da questa importante fetta di popolazione. E’ il primo “Libro Bianco 2011, La salute dei bambini”, pubblicato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (Sip), presieduta da Alberto Ugazio, e coordinato da Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Il Libro Bianco mette in evidenza non pochi elementi di criticità, la contrazione della spesa sociale per la maternità e la famiglia, sia a livello nazionale che locale è forse uno dei più preoccupanti insieme a quello della denatalità e ai numerosi problemi che continuano a rendere non equa e scarsamente efficace l’assistenza socio-sanitaria ai bambini immigrati.
Garantire ai bambini e agli adolescenti la salute globale, giocando un ruolo sempre più attivo non soltanto in ospedale e negli ambulatori, ma come protagonisti attivi delle scelte sociali che sono indispensabili per garantire la qualità di vita – fisica, psichica e sociale cui hanno diritto. Questi i propositi e gli impegni del Presidente della Società Italiana di Pediatria.

I bambini italiani, pur se gravati come i loro genitori da molti chili di troppo, da sedentarietà e da pessime abitudini a tavola, riescono ancora a cavarsela e le loro condizioni di salute sono complessivamente buone, anche grazie a una rete di protezione familiare che è una tipica tradizione “made in Italy” e che spesso supplisce alle reti di servizi sociali ancora carenti e disomogenee lungo lo stivale.
Ma l’Italia rischia di rimanere un Paese di “nonni senza nipoti”, tanto sono bassi natalità e ricambio generazionale. Basti pensare che dal 1871 al 2009 la natalità si è quasi dimezzata (-74,25%)e attualmente si assesta al 9,5‰, cioè nascono 9,5 bambini ogni 1.000 abitanti, contro il 12,8‰ della Francia, il 10,8‰ della Spagna, il 12‰ della Svezia e il 12,8‰ del Regno Unito.

Un paese di nonni senza nipoti.
La Campania è la regione più giovane, la Liguria è la più vecchia.
Sebbene la popolazione italiana dal 2001 al 2010 sia aumentata del 5.9%, tale incremento non ha interessato la fascia di età 0-18 anni, che, invece è diminuita del 2,64%. Questi dati confermano il rapido processo di invecchiamento che si sta delineando nel nostro Paese.

Le donne fanno pochi figli, le nascite soprattutto tra donne straniere.
L’Italia è uno dei Paesi europei dove i livelli di fecondità totale, seppur in crescita, risultano tra i più contenuti. Nel 2008, il TFT è stato pari a 1,4 figli per donna. Tale valore, anche se in lieve aumento rispetto agli anni precedenti (+0,1 punti percentuali rispetto al 2000), risulta, comunque inferiore al livello i sostituzione (2,1 figli per donna) che garantirebbe il ricambio generazionale.

Questa ripresa, imputabile sia alla crescita dei livelli di fecondità delle over 30 che all’apporto delle donne straniere, richiede un’attenzione specifica da parte dei servizi sanitari che devono adeguarsi alle esigenze della domanda con reparti, ad esempio dedicati alla diagnosi perinatale e con persone in grado di poter dialogare efficacemente con l’utenza straniera.

Mortalità infantile e neonatale in calo, ma ancora presenti disuguaglianze regionali.
Nel triennio 2006-2008, primato positivi (1,6 casi per 1.000) per la Pa di Trento e negativo (4,82 casi per 1.000) per la Calabria.
La mortalità infantile comprende la mortalità neonatale (entro le prime 4 settimane di vita) e la natalità post-natale, relativa ai bambini deceduti nel periodo compreso tra il 2° e il 12° mese di vita.
La riduzione dei tassi di mortalità infantile è uno dei fenomeni epidemiologici più rilevanti emersi negli ultimi 60 anni in Italia come in tutti i Paesi economicamente avanzati.

Promossa l’Italia rispetto ad altri Paesi europei
Relativamente ad alcune cause di morte (tumori, leucemie, linfomi e incidenti stradali), la situazione italiana è vincente nel confronto con alcuni Paesi europei.Le principali cause di morte sono legate a malformazioni congenite e dalle anormalità cromosomiche, invece nelle età successive aumenta il contributo dei tumori (la causa più importante nei 5-9 anni), soprattutto leucemie e tumori cerebrali.

Bambini disabili più integrati a scuola
Sono notevolmente aumentati i ragazzi con disabilità inseriti nelle scuole statali.
C’è però molta strada da fare per superare i molti ostacoli a una completa integrazione, come per esempio i diffusi problemi di sovraffollamento nelle classi, soprattutto in un contesto di crisi come quello attuale.

Alimentazione sregolata, soprattutto tra gli adolescenti
Niente di buono sul fronte delle abitudini alimentari che sono in peggioramento. Le ragazze stanno adottando le abitudini meno salutari dei loro coetanei, ma le differenze tra maschi e femmine si acuiscono al crescere dell’età.
Le differenze tra i due sessi si fanno più marcate tra gli adolescenti 14-17 anni e tra i giovani 18-24 anni a sfavore del genere femminile per il quale è in aumento sia il consumo di alcolici fuori pasto, sia il consumo di diversi tipi di alimenti proteici.

Bambini e ragazzi hanno molti problemi con la bilancia, di più al Sud
Il 22,9% dei bambini di 8-9 anni è risultato in sovrappeso e l’11% in condizioni di obesità.
Complessivamente i dati rilevati nel 2010 risultano leggermente inferiori rispetto a quelli osservati nel 2008, ma confermano livello preoccupanti di eccesso ponderale.

Lo sport, a praticarlo sono i più piccoli e più i maschi che le femmine
Dal 2003 al 2010 è cresciuta la quota dei bambini che praticano sport in modo continuativo, ad eccezione della fascia di età 15-17 anni che presenta un decremento sia pure minimo.
Cresce il numero dei sedentari, ad eccezione delle classi 3-5 anni e 6-10 anni.
Il Rapporto evidenzia forti differenze tra i due sessi: i livelli di pratica sportiva sono molto più alti tra i maschi.

I giovani e le trasgressioni che mettono a rischio la loro salute
Fumo, un rischio per oltre 1 giovane su 5. In Italia sono ancora troppi i giovani che fumano, infatti nel 2010 complessivamente la quota di fumatori è pari al 21,5%. Si noti però che rispetto al 2000 si è riscontrata una lieve diminuzione (-1,8%).
Un rapporto pericoloso è anche quello con l’alcol. Nel 2010 la prevalenza di coloro che hanno consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno è pari al 76% dei maschi e al 59,8% delle femmine di 18-19 anni.
I maschi bevono più delle femmine in tutte le classi di età considerate, per di più i ragazzi assumono più delle ragazze comportamenti a rischio superando la soglia di consumo “moderato” o addirittura lasciandosi andare al binge drinking.
I maschi di 18-19 anni che adottano comportamenti a rischio (consumo non moderato) e di quelli che bevono smodatamente in un’unica occasione (binge drinking) sono rispettivamente il 22,9% e il 22%, tra le femmine l’11% beve in modo esagerato fino al binge drinking.

Bambini nativi digitali, ma spesso l’uso del pc è esagerato
In Italia l’uso del pc e l’utilizzo di Internet da parte dei giovani sono diventati una componente normale del quotidiano.
Analizzando i dati del 2009 si osserva che il 52,4% dei maschi di 15-17 anni e il 56,4% di quelli di 18-19 anni usano il computer tutti i giorni, contro il 51,6% e il 51,2% delle coetaneee.
I maschi di fascia di età 18-19 anni sono quelli che accedono maggiormente alla rete sia con frequenza abituale (85,5%) sia giornaliera (48,7%). Per le femmine è invece la classe di età 15-17 anni quella che usa di più internet abitualmente (82,5%), mentre l’utilizzo giornaliero prevale nella classe 18-19 anni.
I bambini iniziano ad usare il web a 9 anni contro una media europea di 7 anni.

Assistenza sanitaria ai bambini italiani dalla culla in poi
Italia ancora in ritardo su organizzazione dei reparti di neonatologia.
Il numero dei Pediatri di Libera Scelta (Pls) a livello nazionale nel periodo 2001-2008 è aumentato del 6,3% , nel 2008 il limite massimo di bambini per pediatra (800 assistiti) viene superato in ogni regione.
E stando ai risultati di una recente indagine SIP, il numero totale dei pediatri (di famiglia, ospedalieri, universitari), subirà una progressiva riduzione nel prossimo ventennio e, proseguendo con il ritmo delle perdite che si verifica dal 2010, nel 2020 gli attuali 15mila professionisti saranno già scesi a 12mila e diventeranno 8000 nel 2025.

Ancora disomogenea l’assistenza in pediatria nei nostri ospedali
Nel nostro Paese la distribuzione della rete ospedaliera pediatrica risulta alquanto disomogenea.
Resta ancora il problema dell’assistenza ospedaliera per l’età adolescenziale, infatti non esiste un’area loro dedicata e quindi, la degenza, quando gli adolescenti sono costretti al ricovero, avviene o nelle pediatrie o nei reparti per adulti.
Nel nostro Paese i posti letto pediatrici nel 2007 erano 6.221 in regime di ricovero, 1.311 in regime day hospital.

PANORAMA DELLA SANITA’
Anno XXV n.6 febbraio 2012
L’Italia non è un paese per i bambini
Presentato a Roma il Libro Bianco 2011: La salute dei bambini

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La rivista è disponibile c/o il Cesda

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