NATIVI DIGITALI E ADULTI NELL’APPROCCIO ALLA RETE – Risultati di una ricerca

digitali

Nel corso degli ultimi anni grande attenzione è stata dedicata alle Dipendenze “comportamentali”, il cui correlato neurofisiopatologico è risultato essere affine a quello delle più note sostanze psicoattive.
Il clamore suscitato dalle problematiche legate al Gioco Patologico ha impressionato significativamente l’opinione pubblica e la presenza di una offerta di “giochi” molto più ampia del passato incoraggia larghe fasce della popolazione ad accedervi, amplia la numerosità dei Giocatori “sociali” e quelle dei giocatori
“problematici“ e “patologici”.
La complessità degli aspetti clinici, sociali e legali incute grande preoccupazione per le risorse umane, materiali e finanziarie da dedicare alla cura ed alla riabilitazione.
Non meno preoccupante per la risonanza dei dati pubblicati è la situazione correlata alla tematica dei Disturbi da eccessivo utilizzo delle tecnologie digitali (Internet Addiction Disorder o IAD). Essi insorgono quando un utilizzo ludico-ricreativo, (che si potrebbe definirebbe “sociale”) lascia il posto a quadri clinici ben classificati ad hoc da Goldberg già nel 1995.

Egli ne evidenziò la capacità di indurre tolleranza (necessità di aumentare il tempo di connessione per soddisfare un livello di gratificazione sufficiente) ed astinenza (da qualche giorno a un mese dopo la “disconnessione” dalla rete) con ripercussioni negative nella vita dell’individuo che si riverberano negli ambiti relazionale e familiare: isolamento, ritiro sociale, peggioramento delle performances lavorativa e scolastica causate dal tempo prioritariamente dedicato alla connessione informatica, ma anche alterazioni dello stile di vita, tendente alla sedentarietà, disturbi “somatici” (dorsalgie, cefalee, fastidi oculari, insonnia) nonché problemi in ambito finanziario quando il Disturbo si concentra in scommesse on line, shopping on line, ecc.

Quest’ultimo aspetto, poi, rende lo IAD trasversale anche ad altre Dipendenze comportamentali: non solo Gioco Patologico (o Net gaming) e Shopping compulsivo ma anche Sexual Addiction (o ciber sessuale) ampliando, quindi, le difficoltà terapeutiche di fronte a Polidipendenze Comportamentali che hanno verosimili aspetti comuni ma anche peculiarità e specificità esigenti approcci diversificati.
Negli adolescenti i Disturbi assimilabili all’IAD sono spesso inquadrati in una sottocategoria nosologica tipica della giovane età: la dipendenza ciber-relazionale, o da Social Networks (per esempio Facebook, FB) nella quale si arriva a preferire le relazioni “virtuali” a quelle reali tanto che lo psicologo inglese D. Smallwood (2008) coniò il termine di friendship addiction per la elevata frequenza con la quale gli utenti di FB collezionano il maggior numero di amici sul proprio profilo oppure su nuovi profili, questi ultimi quasi delle identità alternative mediante le quali diversificare ed assegnare i numerosi amici contattati.
A questa iniziale situazione “artificiale” ed inebriante della ricerca continua di nuovi amici fa seguito, soprattutto se nella vita reale emergono difficoltà nelle relazioni con controparti “in carne e ossa”, una fase di intensificazione della connessione a FB (il controllo continuo dello “stato”, dei post e dei “mi piace”) alla ricerca non solo di nuovi contatti ma, in primis, di una gratificazione che nelle relazioni reali sembra mancare. Ad uno stadio ulteriore la friendship addicton diviene pervasiva, si incomincia a non distinguere più nitidamente il confine tra la propria identità privata e quella pubblica della “rete” e ne risentono ancora i rapporti reali e la gestione dell’emotività nella vita di relazione vera, nella quale persino lo stile comunicativo verbale di FB diventa predominante. A questo punto, come in altre dipendenze, l’impulso a “collegarsi” (inizialmente finalizzato alla sola gratificazione) si confonde con la compulsività (collegarsi diventa necessario per attenuare una sensazione pervasiva di disagio), l’isolamento sociale prende il sopravvento e, talora, possono comparire idee persecutorie ( la “rete” complotta contro il soggetto) con ansia associata fino a pensieri rimuginanti e paranoidi. È evidente, a questo stadio, la necessità di un percorso diagnostico e di cura.

La ASL Milano 1 ha realizzato una ricerca

Nell’attuale epoca è oramai fisiologico “collegarsi” e sfruttare i vantaggi innumerevoli offerti dalla “rete”, quotidianamente, a domicilio o in mobilità, per cui il numero degli utenti è elevatissimo, in particolare tra i giovanissimi o “nativi digitali”.
Nel confronto con le generazioni adulte, infatti, essi hanno acquisito l’uso del web in età prepuberale (ovvero in periodo di grande “plasticità” cerebrale), spesso per fini ricreativi e socializzanti quindi non solo scolastico-culturali.
Questa differenza generazionale è, apparentemente, una ovvietà tuttavia è utile approfondirla, provare a quantificarla, non accontentandosi solo di intuirne e constatarne l’entità.

La presente ricerca origina all’interno del progetto “Salute e Lavoro”, organizzato dal Dipartimento Dipendenze della ASL Milano 1 in partnership con il Consorzio CS&L, un progetto di promozione alla Salute nei luoghi di lavoro, di prevenzione dei comportamenti “additivi” ed il cui fine è di sensibilizzare i lavoratori rispetto all’uso, anche occasionale, di sostanze (alcool, farmaci, THC) che per la loro interferenza con l’ambito professionale potrebbero causare infortuni sul lavoro o incidenti correlati (per esempio per l’assunzione di alcool durante la pausa pranzo o prima dei turni lavorativi).
Fin dal 2007 il Progetto si è articolato in numerosi interventi nelle aziende del territorio: pianificazione condivisa, questionari, corsi di formazione, valutazione e monitoraggio a distanza della ricaduta delle azioni intraprese, anche nell’auspicio della “moltiplicazione” di una corretta informazione nella comunità territoriale (inoltre confutando “false credenze” e “luoghi comuni” sulle sostanze psicoattive).
Esso è stato inserito nella banca dati dell’Osservatorio sulle Dipendenze di Lisbona come da scheda EDDRA (Excange on Drug Demand Reduction Action) in quanto progetto di interesse europeo in particolare per l’aspetto della valutazione degli esiti degli interventi svolti. Il Progetto prosegue tuttora in alcune aziende del territorio dell’ASL.

L’indagine realizzata si proponeva di misurare le differenze tra adulti ed under 18, di cercare il punto di partenza dal quale muovere per parlare veramente di rischio di IAD.
Al fine di chiarire tali riflessioni, il presente lavoro ha realizzato un’analisi dei risultati ottenuti da un test rivolto sia ad un gruppo di studenti sia ad un gruppo di adulti in merito alle loro abitudini di frequentazione del web.
L’esito della comparazione è stato utile ad individuare una “tendenza” ampiamente attesa ed in linea con il contesto culturale attuale, e ha indicato, per i giovanissimi, un rischio di prognosi sfavorevole più elevato di quello degli adulti, suggerendo futuri interventi di prevenzione selettiva o indicata.
Tuttavia l’analisi più approfondita dei risultati permette di formulare una ipotesi alternativa che promuove, in vece, la destinazione di eventuali risorse ad interventi di prevenzione universale.
A conferma della diffusione del fenomeno e della necessità di intraprendere azioni preventive di “massa” si riporta la proposta di alcuni ricercatori inglesi (Raian et al., 2015) sintetizzata nella applicazione incondizionata di etichette su tablet e smartphone con avvisi sui pericoli correlati all’uso senza limite delle tecnologie digitali come accade per le sigarette.

Comparazione tra nativi digitali e adulti nell’approccio alla “rete”: analisi delle differenze e del rischio di IAD. Una indagine ASL Milano 1 – CS&L
Fabio Guerrini, Liliana Formenti, Paola Duregon, et.al.
Mission, n.45 Marzo 2016

Per approfondimenti: http://www.federserd.it/periodico/mission45.pdf

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